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Michele Angileri

Fosso di Castelvecchio

Nei pressi di Rieti, allo sbocco della valle del Salto, si trova una zona torrentistica piuttosto singolare. Per un breve tratto poderose bancate di conglomerato compatto (ma facilmente erodibile dall'acqua) appaiono ai lati della valle. Il paesaggio assume forme e colori particolari, e ogni minuscolo torrentello riesce a generare una gola. Il risultato è una altissima concentrazione di percorsi torrentistici.

Il Fosso di Castelvecchio è la prima delle gole dei Balzi ad essere stata esplorata. Si tratta infatti della gola meglio visibile dall'esterno. Dalla statale della Valle del Salto si vede perfettamente la sua cascata più alta, soprattutto quando essa è percorsa dall'acqua. L'occhio esperto si rende inoltre conto che alle spalle della cascata il torrente ha un percorso inforrato.

Nome Fosso di Castelvecchio
Regione Lazio, Balzi di Grotti
Centro urbano più vicino Grotti (Rieti)
Dislivello 190 m
Sviluppo 600 m
Verticale massima 31 m
Roccia conglomerato
Difficoltà5
Navetta No
Esplorazione Michele Angileri, Tullio Dobosz; ottobre 1995

 

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Cosa trovate nella descrizione dettagliata della gola

Ricordi

Era uno dei primissimi giorni d'autunno. Con Pasquale e Flavio ero diretto sui Monti della Laga per un'escursione torrentistica alla gola di Selva Grande. Dietro una curva, però, un ciocco di legno caduto da un trattore finì sotto la macchina e ruppe la coppa dell'olio. Così la giornata la dovemmo passare in officina a Rieti invece che in gola!
Quando alla fine ci consegnarono la macchina restavano poche ore di luce, troppo poche per seguire il programma originale. Mi venne allora l'idea di dare un'occhiata ad una certa zona in cui sembrava potessero esserci delle forre ... Era giusto lì vicino, nella parte bassa della Valle del Salto. C'ero passato in macchina qualche tempo prima, e avevo notato dei valloni ripidi coperti dal bosco ma da cui spuntavano pareti rocciose. Si intravvedevano perfino alcune cascate!

Giungemmo così ai piedi del Fosso di Castelvecchio. Volevamo risalirne il corso fino ai piedi della cascata che si vedeva dal fondovalle. Il vallone appariva ripido ma aperto, ricoperto dal bosco fitto. Cominciammo così a risalire il torrente, ma in pochi metri ci trovammo la strada sbarrata da una bellissima quanto inattesa cascata. La nostra macchina era parcheggiata a 20 metri dalla cascata, ma da lì questa era assolutamente invisibile. Il torrente non aveva scorrimento idrico, ma ugualmente alla base della cascata c'era una profonda pozza di acqua smeraldina. Il luogo, poi, era particolarissimo: gli strati orizzontali di roccia formavano il soffitto di una sorta di stanza che conteneva la vasca e la parte bassa della cascata, e nascondeva il tutto alla vista. E la roccia ...
... era conglomerato! Un insieme di sassi rotondi cementati assieme dal tempo geologico. Questa zona del centro Italia doveva essere un'enorme spiaggia un tempo ...

Meraviglioso e inatteso. Ma anche preoccupante. Quella roccia sembrava facilmente erodibile, tanto da custodire al suo interno insospettabili salti inforrati, invisibili tanto da lontano quanto da vicino: quali forre avrebbe nascosto lungo tutto il corso del vallone? E soprattutto, quella roccia era sufficientemente robusta da sostenere uno spit?

La risposta alla prima domanda venne da una ricognizione che feci qualche giorno dopo, da solo. Il bosco celava una rete di sentieri ancora in buone condizioni sebbene quasi del tutto abbandonati. Raggiunsi così il greto del Castelvecchio in quello che mi parve un buon punto per iniziare la discesa. Mi dedicai anche alla ricognizione dei valloni adiacenti: il Fosso di Acquaro, alla destra orografica del Castelvecchio, e un vallone senza nome alla sinistra orografica (quello che oggi chiamo Balzo 45). Mi resi conto che in quella zona diversi percorsi torrentistici interessanti e assai particolari per il tipo di roccia incassante si trovavano a brevissima distanza l'uno dall'altro. Il bosco nascondeva completamente pareti, grottoni e le rocce scavate dai torrenti. Inoltre (sorpresa!) c'era acqua. Nei primi giorni d'autunno le parti alte dei torrenti avevano tutte dello scorrimento idrico. Il flusso evidentemente finiva sottoterra più a valle, catturato dalle fratture della roccia.

Restava la seconda domanda. Non volevo azzardare nulla, e così pensai di non tentare subito la discesa in stile torrentistico ma di effettuare prima una ricognizione all'interno della forra attrezzando qualche corda fissa. E siccome non sapevo se la roccia avrebbe retto la chiodatura mi dovevo inventare qualcosa per attrezzare delle calate sicure senza mettere spit.
Pensa e ripensa, alla fine metto a fuoco le idee su un possibile utilizzo delle corde d'acciaio. Acquisto il materiale e faccio delle prove in falesia. La tecnica funziona, e ciò mi rassicura al punto da convincermi a fare quella ricognizione avanzata al Fosso di Castelvecchio. Faccio un giro di telefonate per proporre la cosa agli amici, ma solo Tullio mi da l'ok.

Così un giorno di ottobre siamo lí. Saliamo sul sentiero, poi iniziamo a seguire il torrente in cui scorre acqua. A un certo punto una forra ci sbarra il passo. Ci sono delle vasche profonde, e noi non siamo qui per bagnarci. Dobbiamo provare ad aggirare la forra.
Giungiamo così in un punto da cui possiamo calarci di nuovo nella gola, a valle del tratto inforrato. L'acqua qui non scorre più, e inoltre a sinistra c'è sicuramente una via di fuga. Ci caliamo in doppia e proseguiamo.

Pochi metri più avanti inizia un'altra forra. C'è una cascata asciutta, ma alla base c'è una pozza. Forse però è possibile superare la vasca in opposizione. Armiamo così la calata, dopo aver posizionato la corda d'acciaio. Si, la vasca si evita in opposizione.

La forra continua con salti, che attrezziamo in corda fissa. Giungiamo ad un punto privo di ancoraggi naturali. È il momento della verità: la roccia è chiodabile?
E la risposta è: si, la roccia è chiodabile in molti punti, sebbene non dappertutto!

Un'altra vasca alla base di una cascata si evita con un traverso. Ancora giù e poi giù e poi ... ecco filtrare dal bosco il vuoto davanti a noi. La vista abbraccia il fondovalle e, sul versante opposto, le pareti dei Balzi: siamo sulla cascata visibile dalla statale!
Ci affacciamo: in basso ci sono certamente delle vie di fuga. Allora è fatta! torno su, risalgo le cascate disarmando le corde fisse, quindi ridiscendo in corda doppia.

La discesa della cascata alta fu l'ennesima grande emozione di quella giornata straordinaria.

Una settimana dopo tornai a Castelvecchio da solo ed esplorai il primo tratto inforrato, quello con le vasche inevitabili.

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