cookieless, no-ads, no threats canyon exploring with Michele Angileri Fosso di Castelvecchio
Nei pressi di Rieti, allo sbocco della valle del Salto, si trova una zona torrentistica piuttosto singolare. Per un breve tratto poderose bancate di conglomerato compatto (ma facilmente erodibile dall'acqua) appaiono ai lati della valle. Il paesaggio assume forme e colori particolari, e ogni minuscolo torrentello riesce a generare una gola. Il risultato è una altissima concentrazione di percorsi torrentistici. Il Fosso di Castelvecchio è la prima delle gole dei Balzi ad essere stata esplorata. Si tratta infatti della gola meglio visibile dall'esterno. Dalla statale della Valle del Salto si vede perfettamente la sua cascata più alta, soprattutto quando essa è percorsa dall'acqua. L'occhio esperto si rende inoltre conto che alle spalle della cascata il torrente ha un percorso inforrato.
  RicordiEra uno dei primissimi giorni d'autunno. Con Pasquale e Flavio ero diretto sui Monti della Laga per un'escursione
torrentistica alla gola di Selva Grande. Dietro una curva, però, un ciocco di legno caduto da un trattore finì sotto
la macchina e ruppe la coppa dell'olio. Così la giornata la dovemmo passare in officina a Rieti invece che in gola!
Giungemmo così ai piedi del Fosso di Castelvecchio. Volevamo risalirne il corso fino ai piedi della cascata che si
vedeva dal fondovalle. Il vallone appariva ripido ma aperto, ricoperto dal bosco fitto.
Cominciammo così a risalire il torrente, ma in pochi metri ci trovammo la strada sbarrata da una bellissima quanto
inattesa cascata. La nostra macchina era parcheggiata a 20 metri dalla cascata, ma da lì questa era assolutamente
invisibile. Il torrente non aveva scorrimento idrico, ma ugualmente alla base della
cascata c'era una profonda pozza di acqua smeraldina. Il luogo, poi, era particolarissimo: gli strati orizzontali di
roccia formavano il soffitto di una sorta di stanza che conteneva la vasca e la parte bassa della cascata, e nascondeva il
tutto alla vista. E la roccia ...
Meraviglioso e inatteso. Ma anche preoccupante. Quella roccia sembrava facilmente erodibile, tanto da custodire al suo interno insospettabili salti inforrati, invisibili tanto da lontano quanto da vicino: quali forre avrebbe nascosto lungo tutto il corso del vallone? E soprattutto, quella roccia era sufficientemente robusta da sostenere uno spit? La risposta alla prima domanda venne da una ricognizione che feci qualche giorno dopo, da solo. Il bosco celava una rete di sentieri ancora in buone condizioni sebbene quasi del tutto abbandonati. Raggiunsi così il greto del Castelvecchio in quello che mi parve un buon punto per iniziare la discesa. Mi dedicai anche alla ricognizione dei valloni adiacenti: il Fosso di Acquaro, alla destra orografica del Castelvecchio, e un vallone senza nome alla sinistra orografica (quello che oggi chiamo Balzo 45). Mi resi conto che in quella zona diversi percorsi torrentistici interessanti e assai particolari per il tipo di roccia incassante si trovavano a brevissima distanza l'uno dall'altro. Il bosco nascondeva completamente pareti, grottoni e le rocce scavate dai torrenti. Inoltre (sorpresa!) c'era acqua. Nei primi giorni d'autunno le parti alte dei torrenti avevano tutte dello scorrimento idrico. Il flusso evidentemente finiva sottoterra più a valle, catturato dalle fratture della roccia. Restava la seconda domanda. Non volevo azzardare nulla, e così pensai di non tentare subito la discesa in stile
torrentistico ma di effettuare prima una ricognizione all'interno della
forra attrezzando qualche corda fissa. E siccome non sapevo se la roccia avrebbe retto la chiodatura mi dovevo inventare
qualcosa per attrezzare delle calate sicure senza mettere spit.
Così un giorno di ottobre siamo lí. Saliamo sul sentiero, poi iniziamo a seguire il torrente in cui scorre acqua.
A un certo punto una forra ci sbarra il passo. Ci sono delle vasche profonde, e noi non siamo qui per bagnarci. Dobbiamo
provare ad aggirare la forra.
Pochi metri più avanti inizia un'altra forra. C'è una cascata asciutta, ma alla base c'è una pozza. Forse però è possibile superare la vasca in opposizione. Armiamo così la calata, dopo aver posizionato la corda d'acciaio. Si, la vasca si evita in opposizione. La forra continua con salti, che attrezziamo in corda fissa. Giungiamo ad un punto privo di ancoraggi naturali. È il
momento della verità: la roccia è chiodabile?
Un'altra vasca alla base di una cascata si evita con un
traverso. Ancora giù e poi giù e poi ... ecco filtrare dal bosco il vuoto davanti a noi. La vista abbraccia il
fondovalle e, sul versante opposto, le pareti dei Balzi: siamo sulla cascata visibile dalla statale!
La discesa della cascata alta fu l'ennesima grande emozione di quella giornata straordinaria. Una settimana dopo tornai a Castelvecchio da solo ed esplorai il primo tratto inforrato, quello con le vasche inevitabili. Copyright © 2002- Michele Angileri. All rights reserved. |
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